Grande successo e gradimento da parte dei giovani ascoltatori hanno ottenuto gli incontri intitolati “Si fa presto a dire rock”, svoltisi nel mese di dicembre a Casa della Musica / Scuola di musica 55 di Treste: hanno aderito molti studenti degli Istituti Statali di Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci, G. R. Carli, S. de Sandrinelli e del Liceo Scientifico Statale “Galileo Galilei.

Numerosi e attentissimi, i giovani studenti hanno ascoltato e sono intervenuti agli avvincenti racconti di Gino D’Eliso, anima dei corsi, apprezzato autore e musicista triestino, riconosciuto a livello nazionale per la sua carriera ultraventennale.

“Il rock non è solo musica”, spiega D’Eliso: è storia, contaminazioni culturali, protesta, politica, droga, alcol, trasgressione, gioia e dolore, vita e morte. Così, attraverso un avvincente excursus storico, il rock viene analizzato dalle sue origini: suo padre è il ritmo importato dall’Africa e mutuato dal ritmo lavorativo nelle piantagioni di cotone del South-East degli USA. Sua madre è la cultura nord-europea dei Padri Pellegrini che, con la May Flower, portarono, nella “selvaggia” America, cultura e ricordi musicali anglosassoni: inglesi, irlandesi, scozzesi, gallesi. La musica si riconosce, si capisce, si accoppia con gioia. E poi l’immigrazione di svedesi, norvegesi, danesi, messicani, polacchi, francesi, italiani, russi … ogni etnìa ha portato il suo bagaglio culturale e musicale. Quanti input per questo rock americano… Per non dimenticare il contributo dato dai pellerossa: scala pentatonica che ispirerà, ad esempio, i Grateful Dad o più in là negli anni, la musica New Age.

E la Gran Bretagna? E l’Europa? L’excursus continua con il Brit-Rock che merita sicuramente una storia a parte: cugino del rock americano, ha vissuto – e vive – una stagione tutta sua, diversa e complementare. In conseguenza alla sanguinaria stagione della Seconda Guerra, il rock europeo, particolarmente quello inglese e tedesco, è una musica dura. David Niven, per esempio, è tra i protagonisti, che nella sua musica fa risuonare ancora gli echi delle esplosioni di Dresda e Coventry (si pensi a The Who o agli apocalttici Kraftwerk). Ma c’è anche ironia distaccata, per esempio nel dandysmo byroniano dei Kinks.
Sarebbero potuti esistere i Beatles senza Elvis Presley? I Rolling Stones senza i Beach Boys? Alexis Korner senza Pete Seeger? Il resto del mondo – Italia inclusa -, conclude D’Eliso, ha vissuto di riflesso questa vampata di energia. Ci sono stati alcuni episodi belli, troppo spesso tarpati da una discografia pusillanime e – molto spesso, purtroppo, – crudele e ignorante.