Un talento vocale straordinario, un uso sorprendente della voce per riprodurre i generi più disparati, una ricerca accuratissima del sound e dello stile sono alla base del Bauchklang Vocal Groove Project, il quintetto di voci a cappella che conferma l’interesse di TriesteLovesJazz alla vocalità di alto livello. A seguire un pezzo di storia del jazz italiano: Gianni Cazzola con il suo quintetto in un tributo al padre delle percussioni afro americane: Art Blakey. Ospite del progetto il percussionista e arrangiatore cubano Gendrickson Mena.

Dopo gli strepitosi Swingle Singers che hanno stupito piazza Unità lo scorso anno, quest’anno è la volta del Bauchklang Vocal Groove Project, concerto in collaborazione con il Forum Austriaco di Cultura di Milano. Anche in questo caso è la sola voce umana amplificata la protagonista del concerto: ma la performance live di questi ragazzi (Andreas Fränzl: Lead Vocals / Vocal Sounds; Gerald Huber: Human Beat box / Vocal Sounds; Alex Böck: Vocal Bass; Bina: Mouth percussion / Human Beat box / Vocal Sounds; Philipp Sageder: Backing Vocals / Vocal Sounds) va molto oltre il tradizionale canto “a cappella”. Sono veri acrobati della voce, e il loro nome significa letteralmente “suono di pancia”, che dà il senso più istintivo, ancestrale dell’estrazione della voce. È un gruppo totalmente cross-over per la scelta dei generi, e per la sua unicità è già stato acclamato a livello internazionale: nessun altro strumento se non la voce per riprodurre ogni tipo di suono, dall’elettronica al rumore, ai suoni analogici, agli strumenti di ogni sorta. La quintessenza della bellezza della musica dal vivo, della sorpresa: un’esperienza che, superato l’iniziale sgomento (molti si chiedono davvero da dove vengano quei suoni, e se non ci siano “trucchi” tecnologici, laddove invece abilità, sensibilità, allenamento sono le uniche armi) diventa indimenticabile. Una miscela magnifica di elettronica, dub e hip hop hanno portato ben due “Amadeus Awards” al gruppo (un premio attribuito in Austria), ma la loro bravura è ormai nota in tutto il mondo. Ospiti dei festival più prestigiosi (a Trieste arrivano direttamente dall’Expo di Shangai), vantano comunità di fans in oltre 20 paesi, compresi India e Canada. Signs è l’album su cui stanno lavorando sin dal 2006, che annovera molte delle esibizioni live del gruppo, che restituiscono quell’inestimabile valore aggiunto all’incisione discografica (molti anche gli ospiti in studio). Ora i cinque solisti sono pronti per una nuova fase, che include un’essenziale piattaforma web, nuove collaborazioni con artisti di tutto il mondo e un ambizioso progetto cinematografico.

Al termine del progetto vocale sale sul palcoscenico il Gianni Cazzola Quintet feat. Gendrickson Mena (Gianni Cazzola, batteria; Gendrickson Mena, tromba; Emiliano Vernizzi, sax; Humberto Amesquita, trombone; Simone Daclon, pianoforte; Roberto Piccolo, basso). Classe 1938, Cazzola è da oltre 40 anni uno dei più dotati batteristi italiani e non si esagera nel dire che è un pezzo di storia di jazz italiano. A Trieste arriva con il suo quintetto, con il quale sin dai primi anni 2000 si concentra sulla matrice dell’ Hard Bop; in particolare, oltre a tutti i grandi Bopper dagli anni ’50 in poi, l’ensemble rivolge il suo tributo a un grande padre delle percussioni, il batterista afroamericano Art Blakey (The Blakey Legacy il titolo del concerto tributo), da sempre idolo di Cazzola (ironicamente lo stesso batterista dice di portarne una foto nel portafoglio al modo di un “santino”!). A Trieste la formazione vanta un ospite d’onore, il trombettista sudamericano Gendrickson Mena, trentasettenne cubano, anche compositore e arrangiatore, di rara sensibilità e generosità, che al sound delle proprie origini aggiunge con entusiasmo nuove energie e inedite idee musicali.
Gianni Cazzola è sulle scene musicali dal 1957, quando debutta con il gruppo di Franco Cerri, e dal ’58 in poi è infinita la lista dei musicisti con i quali lavora: Art Farmer, Chet Baker, Dexter Gordon, Mal Waldron, Clark Terry, Gerry Mulligan, Johnny Griffin, Don Byas, Billie Holiday, Benny Golson, Sarah Vaughan, Tommy Flanagan, Steve Lacy, Ray Brown, Lee Konitz, Joe Venuti, Phil Woods, Sheila Jordan, Ira Sullivane e davvero moltissimi altri. Nel ’77 entra a far parte del gruppo di Giorgio Gaslini, poi collabora con Guido Mansuardi, Gianluigi Trovesi, e nell’81 entra stabilmente nell’ensemble di Franco D’Andrea. Suona in tutto il mondo e dalla fine degli anni Ottanta fonda svariati ensemble: nel 1988 l’Italian Repertory Quartet che dal 1993 annovera i nomi di Rosario Bonaccorso (contrabbasso), Paolo Birro (pianoforte), Robert Bonisolo (sax). Molte altre le sue formazioni con le quali incide numerosissimi cd (quasi tutti per Splasc(h) records), fino al nuovo Sestetto Italiano, dei primi anni Novanta che incide per Penta Flowers uno straordinario lavoro dedicato proprio al grande padre della batteria afro americana. Tra i più recenti collaboratori Tiziana Ghiglioni e Attilio Zanchi, con i quali fitta è l’attività concertistica e discografica.

I concerti sono a ingresso libero.
Il programma dettagliato è su www.triestelovesjazz.com, su www.serestatetrieste.it